
La Storia
Quartomoro non è una cantina come tutte le altre; innanzitutto è una cantina sperimentale, è un museo della memoria vitivinicola della Sardegna, è un luogo didattico ed il frutto di un sogno nel quale Piero e Luciana hanno creduto fortemente e che ha coinvolto, senza forzature o imposizione, anche i due figli, Alberto e Violante.
Quartomoro è una splendida azienda vitivinicola sorta ad Arborea (Oristano), zona dal passato vinicolo di tutto rispetto, e loro sono Piero Cella, enologo e consulente di diverse aziende sarde, figlio d’arte, (ndr enologo il padre e enologo il nonno), e Luciana Baso pedagogista con il sogno nel cassetto di avere una fattoria didattica.
Dal connubio tra sogno ed esperienza, prende vita nel 2009 quello che possiamo definire senza timore uno dei più interessanti contesti in cui potersi immergere per toccare con mano il significato delle parole lungimiranza e concretezza.
Sì, perché, quella di Piero e Luciana, è una realtà che pone le radici nella profonda conoscenza del territorio, del suo passato, dei suoi vitigni storici, spesso abbandonati, e delle tecniche di vinificazione, ma che presta attenzione all’innovazione e al domani.
La conoscenza, lo studio, la competenza sono aspetti fondamentali e imprescindibili perché la sperimentazione animata dal genio e dalla passione non sia mai una ricerca casuale e dai risultati inaspettati e fortuiti, ma ragionata, elaborata e ripetibile.
In questo incontro generazionale tra genitori e figli si sviluppa quello che nella filosofia di questa cantina dovrebbe essere la chiave di volta per il futuro: la commistione tra passione, studio, tradizione e promozione.
L’inclinazione alla sperimentazione e alla rielaborazione in chiave più moderna delle tecniche tradizionali vengono magicamente espresse attraverso le linee di produzione, tutte volte alla valorizzazione dei vigneti storici; così prendono vita le bollicine da uve vermentino spumantizzate con metodo familiare ma anche con metodo classico. Così scopre una nuova identità “la forma di vino che si faceva da sempre”, ovvero la vernaccia sulle bucce; così tornano ad essere nuovi protagonisti vitigni e cloni a volte dimenticati attraverso la collezione Memorie di vite.
Ma è un progetto in particolare ad aver attirato la mia attenzione e acceso il mio interesse tanto da spingermi, accompagnata da Alberto, sotto il sole di un caldissimo mezzogiorno d’agosto, tra le viti del VIGNETO DELLE MEMORIE: 54 varietà sarde, recuperate da vecchie viti nelle zone più vocate di ciascun vitigno e qui conservate in almeno 5 ceppi per tipo; uno straordinario esempio di come, con un piccolo fazzoletto di terra, si possa fare un grande regalo alle prossime generazioni, catalogando e conservando per il futuro varietà da sempre allevate in Sardegna, alcune con nomi impronunciabili, difficili a volte da coltivare, ma che possono continuare ad esistere grazie a questo incredibile lavoro.
In questo progetto non c’è solo una sorta di suggestivo amore per il passato e di orgoglio identitario che viene trasmesso da vitigni che solo qui vengono allevati, ma vi è anche la piena consapevolezza che è solo nella biodiversità che si possono trovare le risposte alle sfide che la viticoltura potrebbe trovarsi a dover affrontare in futuro. Il pensiero è chiaro: vedete voi se volete affrontarle con un solo DNA a disposizione o se è preferibile avere un ventaglio di possibilità dal quale poter attingere! Nella realtà vitivinicola di Quartomoro il risultato da ricercare non è esclusivamente il fatturato per il fatturato, il focus è spostato sul raggiungimento di un obiettivo che va oltre il numero di bottiglie vendute: progetti che hanno valore sociale e culturale e dei quali la collettività possa beneficiare nel futuro.
In un contesto così favorevole alla ricerca e alla conservazione del patrimonio dell’isola, il mantenimento laddove risulta possibile del franco di piede è prerogativa imprescindibile. Al momento la cantina produce due vini da vigneti a piede franco: il VRM da uve vermentino provenienti dall’Alto Campidano e il CRG da uve carignano provenienti da vigne di Calasetta. Recentemente è stata presa in gestione una vecchissima vigna di Bovale.
Un profondo conoscitore e studioso come Piero Cello non può non avere una sua opinione a riguardo, ma è materia complessa e articolata. Aldilà delle varie ipotesi e opinioni ciò che risulta evidente è che “chi ha esperienza percepisce che il piede franco dà qualcosa in più, soprattutto nelle sperimentazioni biologiche o biodinamiche” e, per uno sperimentatore come lui, che ha già scardinato vecchie idee preconfezionate, il piede franco non può che essere un passo ulteriore verso nuove strade ancora da percorrere, perché a volte, così come nella vita, per avanzare bisogna prima prendere lo slancio facendo un passo indietro.